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Norme tecniche degli Elettromedicali: tra vecchia direttiva e nuovo regolamento

Una delle caratteristiche che definiscono i dispositivi medici nel panorama dei mezzi a disposizione nella cura della salute è data dall’alto impatto del fattore tecnologico. A prescindere dal livello di tecnologia costituente un dispositivo medico, elementi di ingegneria meccanica, elettrica, elettronica, informatica ed altri sono comunemente presenti. Detta peculiarità ha imposto al legislatore di tenere in conto contemporaneamente la volontà prescrittiva di fissare limiti minimi di sicurezza e la necessità di non vincolare oltre modo la libertà dell’avanzamento tecnico-scientifico alla base delle soluzioni pratiche che un dispositivo medico presenta a un dato problema. Tale è l’impatto di questo aspetto che la Direttiva 93/42/CEE, base dell’attuale assetto normativo, ha previsto già all’Art.5 l’introduzione di norme armonizzate mediante le quali il fabbricante ha la possibilità di ricevere requisiti (più o meno stringenti ma tecnici) sulle caratteristiche progettuali dei suoi dispositivi medici e dall’altro lato potersi avvalere della presunzione di conformità ai Requisiti Essenziali di legge.

Il nuovo Regolamento (UE) 2017/745 non ha cambiato l’impostazione basata sul ricorso a norme armonizzate di supporto, per cui è prevedibile che l’impatto sugli aspetti tecnici dei dispositivi medici non sarà rilevante. Infatti, l’inclusione nel Regolamento dei dispositivi medici impiantabili attivi, oggi separati dalla Direttiva 90/385/CEE, è prevedibile che porterà solo in buona sostanza all’inclusione delle corrispondenti norme armonizzate.

Gli elettromedicali fanno riferimento alle norme armonizzate della serie CEN EN 60601-X, il cui capostipite generale è la norma IEC 60601-1. Dette norme sono arrivate alla fase di “terza generazione” per la loro finalità di includere già dalla progettazione anche la gestione del rischio, quest’ultimo essendo un requisito imposto non solo dalle leggi europee sui dispositivi medici ma anche dagli altri paesi extra-UE. Attualmente la serie viene divisa in tre gruppi: generali, collaterali e particolari. Ai collaterali appartengono quelle norme della serie che sono vincolate all’applicazione della norma generale ma che riguardano solo aspetti tecnici specifici (p.es. la norma 60601-1-2 riguarda la compatibilità elettromagnetica, in emissione e immunità, di un elettromedicale che soddisfa la norma generale 60601-1). Ai particolari invece appartengono quelle norme che riguardano specifiche tipologie di elettromedicali (p.es. la norma 60601-2-1 riguarda gli acceleratori di elettroni). Ad oggi 48 norme della serie 60601-X risultano essere armonizzate dalla Direttiva 93/42/CEE.

Un’altra norma armonizzata tipica tra gli elettromedicali è la CEN EN 62304 che recepisce la norma IEC 62304 riguardante la gestione dell’intero ciclo di vita di un software. Oggi infatti è molto diffusa la caratteristica di un elettromedicale di includere sistemi elettronici programmabili, oltre che veri e propri software ad interfaccia utente, alla base della progettazione dei requisiti funzionali oltre che per la gestione dei dati. E proprio in merito all’aspetto di operabilità umana di un elettromedicale, ovvero la capacità del prodotto di “lasciarsi usare” in sicurezza ed efficacemente dall’operatore umano, sempre più diffuso è il ricorso alla norma armonizzata CEN EN 62366 riguardante l’ingegneria dell’usabilità dei dispositivi medici, che recepisce la norma IEC 62366 nella versione 2007 oggi ritirata perché sostituita dalla più nuova versione 2015, non ancora armonizzata. Questa dicotomia tra stato dell’arte tecnico e prescrizioni di legge, che pure a loro volta partono dai principi di rispetto del progresso tecnico come base razionale di giustificazione delle soluzioni adottate dai fabbricanti (vedasi punto 2 dell’Allegato I), introduce la seconda parte del presente blog dedicata ai problemi pratici per il fabbricante nell’applicazione della legge, partendo da quelli noti dell’attuale assetto normativo, per arrivare alle novità introdotte dall’entrante Regolamento.

Abbiamo visto sopra che il principio di facoltatività del ricorso alle norme armonizzate c’è e resterà e quindi è desumibile che resterà anche come principio, dal momento che nella pratica risulta difficile trovare organismi notificati che siano disposti a certificare un elettromedicale che non rispetti, applicandoli, i requisiti fondamentali della 60601-1 e della 60601-1-2. A ciò il Regolamento aggiungerà che l’organismo notificato dovrà comunque tenere in debita considerazione una norma armonizzata applicabile al dispositivo medico in questione, anche nel caso in cui il fabbricante non ne dichiari la conformità (Allegato VII, punto 4, lettera d)).

Proprio partendo da questa seconda norma, arriviamo al problema della contemporanea applicazione di più leggi comunitarie (vedasi Direttiva 2014/53/UE o Direttiva 2006/42/CE): così come l’attuale Art.4(5) la impone su normative che coprono aspetti diversi, altrettanto l’Art.20(6) del nuovo Regolamento lo farà in futuro.

Non solo, così come oggi prevedono gli allegati sulle procedure di valutazione della conformità, anche in futuro le norme armonizzate potranno essere applicate integralmente o in parte (Art.8(1)). Da cui discende che il problema di decidere fino a che punto applicare una norma armonizzata, inclusa la sua eventuale certificazione da parte di enti terzi, si ripresenterà parimenti in futuro. In più, c’è da registrare l’aggravante di dover tenere in debita considerazione la modifica delle norme armonizzate applicate (Art.10(9)) in modo “opportuno e tempestivo”. Vale a dire che il fabbricante dovrà costantemente verificare che il proprio dispositivo medico, regolarmente certificato, possa ancora ritenersi conforme al Regolamento in caso di aggiornamento della norma armonizzata.

Inoltre, in fase di ricertificazione, il fabbricante sarà tenuto a presentare una sintesi delle modifiche e dei risultati scientifici relativi al dispositivo che dovranno comprendere anche le modifiche delle norme armonizzate applicate o di quelle nuove (per effetto dell’Allegato VII, punto 4.11, lettera g)).

A differenza dell’attuale assetto normativo, dove lo stesso documento di certificazione CE di un dispositivo non risulta essere normato in quanto tale, lasciando ampio margine di arbitrarietà in termini di contenuti e per questo causando una condizione di quasi anarchia, il Regolamento puntualizza il contenuto minimo del documento (Allegato XII). Il punto 10 specifica che bisogna far riferimento agli esami e test effettuati secondo una norma armonizzata. E’ presumibile (ed auspicabile) quindi che sarà più trasparente e pubblica la possibilità di riconoscere (facilmente) le norme armonizzate applicate da un fabbricante al proprio dispositivo medico.

Il controllo efficace sulla trasferibilità delle informazioni che, dopo tutto, riguardano il soddisfacimento dei Requisiti Essenziali di un dispositivo medico sarà più invasivo se si considera che il fabbricante sarà tenuto ad indicare le norme armonizzate applicate nel nuovo documento di “sintesi relativa alla sicurezza e alla prestazione clinica” per gli impiantabili e i classe III (Art.32, paragrafo 2, lettera e)).

Il penultimo punto riguarda la dimestichezza con la quale il fabbricante dovrà abituarsi a maneggiare le norme armonizzate. Oggi, data l’aleatorietà dell’applicazione di una norma armonizzata dovuta a prescrizioni non dettagliate, risulta spesso difficile ricostruire le attività svoltesi in fase di progettazione e riguardanti l’applicazione di una norma armonizzata rispetto alla sua valenza dimostrativa della conformità ad un Requisito Essenziale. Il Regolamento introduce l’obbligo di puntualizzare nella documentazione tecnica (in modo inequivocabile) il nesso tra un risultato derivante dall’applicazione della norma armonizzata e il soddisfacimento di un Requisito Essenziale (Allegato II, punto 4, lettera d)). Deriva che nella pratica il fabbricante dovrà gestire il ricorso alla norma armonizzata in modo consapevole, prevedendo e associando ad ogni azione dovuta alla norma, una prescrizione dell’Allegato I che sia obiettivo della dimostrazione di conformità.

L’ultimo punto riguarda le indagini cliniche. Ad oggi, per effetto dell’attuazione italiana dell’Art.15 e dell’Allegato X della Direttiva 93/42/CEE, non esiste una disposizione che imponga al fabbricante di presentare la documentazione tecnica completa all’autorità competente che autorizza l’indagine clinica, ma soltanto di averla a disposizione. Un risultato ipotizzabile (puramente teorico visto che altre misure, soprattutto Ministeriali, ne abbattono l’eventualità) è che si svolgano indagini cliniche su dispositivi medici non marcati CE e senza documentazione tecnica completa a supporto. Viceversa, il Regolamento (Art.71(3)) imporrà all’autorità competente, nel suo processo di valutazione del progetto di indagine clinica, di tenere in debita considerazione persino le norme armonizzate applicabili nella dimostrazione della conformità ai requisiti di sicurezza e prestazione (ad eccezione ovviamente degli aspetti oggetto della stessa indagine clinica). Ciò implica che il fabbricante proponente un’indagine clinica dovrà, nei fatti, aver già preparato e completato la documentazione tecnica (per quanto applicabile), indipendentemente dalla classe di rischio del dispositivo.

In conclusione, la morale è che l’attuale assetto normativo ha già provveduto a sviluppare pratiche di ricorso alle norme armonizzate che il nuovo Regolamento non cambierà nella sostanza, lasciando invariati gli odierni problemi pratici per il fabbricante. Viceversa, sebbene per il fabbricante diligente attuale l’impatto sugli aspetti tecnici della progettazione sarà tangenziale rispetto ad altre prescrizioni, per il fabbricante sprovveduto l’uso inconsapevole o poco lungimirante delle norme armonizzate potrà seriamente compromettere il piano di commercializzazione del dispositivo.