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Dispositivi di protezione individuale (dpi) e marcatura ce

Dispositivi di Protezione Individuale

L’utilizzo di uno specifico tipo di dispositivi di protezione individuale (DPI) in ambito lavorativo è previsto da diverse normative, italiane e comunitarie, che possono addirittura sancirne l’obbligo, nel caso in cui alcuni fattori di rischio non possono essere evitati o ridotti da misure di prevenzione o mezzi di protezione collettiva.

In Italia due riferimenti normativi definiscono tutte le attività legate a progettazione, produzione e immissione sul mercato dei DPI: il Regolamento UE 2016/425 e il decreto legislativo italiano del 19 febbraio 2019, n.17. In quest’ultimo vengono stabiliti alcuni aspetti non trattati nel dettaglio dal Regolamento quali, ad esempio, sanzioni e oneri a carico dell’operatore economico che non rispetti i requisiti di legge.

La definizione di DPI da Regolamento specifica che essi sono dei “dispositivi progettati e fabbricati per essere indossati o tenuti da una persona per proteggersi da uno o più rischi per la sua salute o sicurezza”.

Gli obblighi del fabbricante di Dispositivi di Protezione Individuale

Un fabbricante di dispositivi di protezione individuale deve necessariamente eseguire o far eseguire la pertinente procedura di valutazione della conformità, sulla base della documentazione tecnica da esso redatta.

Una volta dimostrata la conformità del DPI, il fabbricante redige la dichiarazione di conformità UE e appone la marcatura CE sui DPI (o su imballaggio o documenti di accompagnamento, solo se fosse impossibile a causa della natura del DPI).

Per i dispositivi di protezione individuale di categoria III (ad esempio, mascherine di tipo FFP2 e FFP3) è necessario che intervenga un ente terzo, l’Organismo Notificato (ON), che verifichi la conformità del DPI in oggetto.

Se la verifica ha esito positivo, l’ON rilascia un certificato per approvazione e fa apporre il suo numero di identificazione vicino al marchio CE sul dispositivo di produzione individuale.

Il Regolamento UE 2016/425, dunque, specifica che tutti i DPI devono essere marcati CE per poter essere immessi sul mercato europeo.

Tuttavia, l’attuale  pandemia che affligge il mondo e l’Europa ha spinto la Commissione Europea a pubblicare la Raccomandazione UE 2020/403. Tale raccomandazione, che vuole favorire il soddisfacimento dell’offerta nel campo di DPI e dispositivi medici (DM), suggerisce agli ON di dare precedenza alle valutazioni di conformità di DPI utili contro la pandemia (ad esempio, mascherine di tipo FFP2 e FFP3) e di seguire le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nella valutazione di DPI la cui conformità è stata dimostrata mediante norme tecniche non armonizzate (cioè diverse da quelle stabilite dall’UE).

Quindi alcuni ON potrebbero rilasciare dei certificati “ad hoc”, validi esclusivamente fino alla fine della pandemia e con limitazioni di utilizzo.

In aggiunta, la Raccomandazione UE 2020/403 concede agli Stati Membri la possibilità di autorizzare l’immissione in commercio DPI non marcati CE, ma che garantiscano un adeguato livello di salute e sicurezza. In questo contesto, l’Italia ha previsto una procedura di autorizzazione in deroga di DPI, che prevede l’intervento dell’Istituto Nazionale per la prevenzione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) come valutatore.

Solo fino alla fine della pandemia sarà possibile immettere in commercio e mettere a disposizione DPI senza la marcatura CE, ma solo se hanno ricevuto l’autorizzazione da parte dell’INAIL.

Scritto da: Daniele Scarpino

Foto di Antonio Cansino da Pixabay