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Payback dispositivi medici: la palla passa alla Consulta

Payback dispositivi medici

A seguito dell’ordinanza del TAR del Lazio di rinvio alla Corte Costituzionale del payback per i dispositivi medici, quest’ultima ha fissato per il 22 maggio prossimo un’udienza pubblica per valutare la costituzionalità di questo discusso meccanismo.

Il passaggio della questione al più alto organo di garanzia costituzionale rappresenta l’ennesimo tassello di una storia che ormai da anni affligge il settore dei dispositivi medici.
Ma cos’è il payback? E qual è l’impatto di questa misura per il comparto dei DM? Vediamolo insieme.

Payback per i dispositivi medici, cos’è e come funziona

Quello del payback è un meccanismo ben noto nel settore sanitario, in quanto in vigore già da tempo per le specialità medicinali.

Per i dispositivi medici è stato introdotto dal Decreto Legislativo 98/2011 (poi convertito nelle Legge 111/2011): il Decreto stabiliva la fissazione di un tetto di spesa di anno in anno, con un ripiano dello sforamento a carico delle Regioni che vi avevano contribuito.

Solo a partire dal 2015 però, con il Decreto-Legge 78/2015 poi convertito in Legge 125/2015, parte di questo sfondamento al tetto di spesa è stato posto in carico alle aziende fornitrici.

Lo scopo di questo meccanismo è chiaramente quello di contenere la spesa sanitaria, con il “rimborso” da parte delle aziende delle somme eccedenti il tetto. Come accennato, il tetto di spesa viene fissato annualmente, con soglie percentuali maggiorate di anno in anno.

Nel periodo di riferimento degli importi al momento richiesti dalle Regioni a fabbricanti e aziende, tali soglie sono state fissate nel 40% per il 2015, 45% per il 2016 e 50% dal 2017 in poi.

Proroghe, ricorsi e dubbi sulla costituzionalità della misura

Dal momento che il payback per i dispositivi medici è apparso fin da subito di difficile sostenibilità da parte del comparto, diversi decreti-legge hanno ridotto l’importo dovuto e prorogato più volte la scadenza del termine dei pagamenti da parte delle imprese.

Nel frattempo migliaia di aziende del settore hanno fatto ricorso al TAR, indicando tra le motivazioni l’incostituzionalità della manovra.

Ed è proprio sulla legittimità costituzionale di questa misura dovrà pronunciarsi la Consulta.

In particolare viene contestata la definizione del tetto di spesa regionale per il quadriennio 2015-2018 soltanto nel 2022, con conseguente violazione dei profili dell’affidamento, della ragionevolezza e dell’irretroattività, dal momento che la misura è andata a incidere su rapporti le cui condizioni contrattuali si sono già da tempo concluse tra le parti.

Problematiche e rischi, le conseguenze del payback per i DM

L’introduzione del payback per i dispositivi medici ha portato scompiglio nel settore, tanto da aver richiesto l’intervento delle associazioni di categoria, che ora attendono con fiducia il pronunciamento della Consulta.

Secondo il comparto, infatti, l’introduzione del payback potrebbe mettere in crisi molti fabbricanti di dispositivi medici con conseguenze importanti per lavoratori, pazienti e altri attori che operano in questo settore.

Secondo le stime, l’esborso degli oltre 1 miliardo di euro potrebbe mettere in ginocchio l’industria dei DM, costituita in gran parte da micro, piccole e medie imprese: molti fabbricanti e fornitori si troverebbero costretti a chiudere, con una conseguente perdita di posti di lavoro, in un comparto che occupa oltre 100mila addetti.

La chiusura delle aziende fabbricanti comporterebbe inoltre una carenza di dispositivi medici di uso diffuso nel settore sanitario, in particolare dei cosiddetti “salvavita”, come gli sterilizzatori, i prodotti per circolazione extracorporea, le protesi e le valvole cardiache, i ventilatori polmonari.

Ma la carenza potrebbe riguardare anche DM che persino il pubblico di non addetti ai lavori, i semplici pazienti, considerano ormai come “scontati” all’interno di una struttura ospedaliera: protesi, ferri chirurgici, camici, e addirittura garze, bende e cerotti.

Le richieste del settore

Le aziende chiedono che il meccanismo venga cancellato, dal momento che si tratta di una manovra troppo gravosa per un settore industriale strategico per il nostro Paese, che tra l’altro è già alle prese con un cambiamento del quadro legislativo comunitario molto oneroso dal punto di vista economico.

Le associazioni di categoria, infatti, hanno già riscontrato una preoccupante situazione di stallo innovativo e occupazionale del comparto causata dall’incertezza generata dal payback.

Per il superamento di questo meccanismo, le associazioni di categoria propongono un cambiamento radicale della programmazione dell’offerta sanitaria che, piuttosto che essere incentrata sulle singole prestazioni, dovrebbe essere organizzata sulla base delle patologie.

Il public procurement non dovrebbe più essere basato su gare centralizzate, ma su una rivalorizzazione del ciclo di acquisto che tenga conto del reale impatto che i beni e i servizi che vengono acquistati hanno sulla salute.

Solo in questo modo sarà possibile destinare le giuste risorse sulla base del reale fabbisogno della salute dei cittadini, e non in funzione dei tetti di spesa.

Scritto il 05/03/2024 da Simone Pippa

Foto di David Mark da Pixabay