I regolamenti europei su DM e IVD e la “Urgent need for action”: non sarà l’inizio della fine del Nuovo Approccio?
Siamo nell’ottavo anno di convivenza con i (ormai non più) nuovi regolamenti europei 2017/745 e 2017/746 che, dalla loro entrata in vigore il 26 maggio 2017, continuano a modificare drasticamente il panorama regolatorio europeo in cui si muovono i dispositivi medici e medico-diagnostici in vitro, portando comunque avanti, per questo settore, il tipo di modello regolatorio definito di “Nuovo Approccio”, modello attuato già dagli Anni ’90 con le vecchie Direttive al fine di favorire, al contempo, la standardizzazione dei prodotti rispetto ai requisiti di qualità e sicurezza e facilitare il libero scambio delle merci nel mercato europeo, puntando ad armonizzare i requisiti minimi di base di sicurezza e prestazioni dei prodotti, ma lasciando i fabbricanti liberi di decidere come soddisfarli, e quindi lasciando a loro la responsabilità di portare evidenze a supporto del proprio operato, un po’ in contrapposizione all’approccio “autorizzativo” tradizionale, in cui c’è una autorità che rilascia direttamente autorizzazioni alla commercializzazione, dopo aver verificato che siano stati soddisfatti in modo puntuale tutti i requisiti imposti dalle leggi, nel modo richiesto dalle stesse.
La voce delle associazioni europee e nazionali
Oggi, le maggiori associazioni europee e nazionali di aziende del comparto biomedicale fanno presente a gran voce (e non per la prima volta) che, nonostante sul calendario siano trascorsi quasi otto anni da quel 26 maggio 2017, nella realtà ci troviamo ancora nel pieno di una fase transitoria, a causa di “serious implementation issues”, gravi criticità nell’implementazione di quanto previsto da questi regolamenti.
Pertanto, sostengono le 40 associazioni firmatarie di una lettera aperta, occorre adottare una serie di misure concrete e immediate per far fronte ad una situazione di stallo e incertezza che ormai, perdurando da tutti questi anni senza che se ne riesca a vedere la fine, rischia di assumere, per le aziende produttrici e ancor di più per i pazienti, i connotati di un “nuovo regime” regolatorio, anziché quelli di un transitorio.
Questo perché le tempistiche del regolatore, è un fatto noto, sono ben diverse dalle tempistiche del mercato, dell’innovazione tecnologica, e soprattutto delle “necessità di salute” dei cittadini (come il 2020 dovrebbe averci insegnato).
La lettera aperta, indirizzata all’uscente Commissaria europea alla salute Stella Kyriakides, è solo l’ultimo di vari solleciti che, in questi anni, sono stati presentati all’Europa.
Il contenuto della lettera
L’aspetto di “novità” del contenuto di questa lettera sta forse nel livello di dettaglio con il quale le associazioni firmatarie propongono le misure da adottare, al fine di evitare o mettere un freno alle conseguenze più pericolose di questa situazione, che sono state (già da tempo) identificate nel rischio di una carenza sul mercato di prodotti necessari a coprire le esigenze di cura dei cittadini, nell’impossibilità, soprattutto da parte delle piccole e medie imprese, di sostenere gli oneri che questo livello di requisiti comporterebbe, e nella perdita generale di attrattività del mercato europeo che sta portando, e porterà sempre di più, moltissime aziende a preferire investimenti in mercati con procedure regolatorie più certe e snelle (la lettera parla proprio di “contrasto all’esodo di innovazione dall’Europa”).
Sinteticamente (per i dettagli si trova qui il testo integrale della lettera) sono 3 le aree di azione per le quali sono state presentate delle proposte: c’è un’area di azione a breve-medio termine, una di azioni da adottare su base continuativa, e una in cui vengono esplicitate le proposte principali più specifiche e urgenti, da adottare nell’immediato.
Entità centrale, Maggiore prevedibilità e Certificati CE senza scadenza di validità
C’è, innanzitutto, la richiesta (più che proposta) di istituire una entità centrale dedicata alla gestione e alla supervisione dell’intero sistema regolatorio europeo del settore, che garantisca soprattutto coerenza tra le varie legislazioni europee nel corso della loro evoluzione.
C’è poi la richiesta di una maggiore prevedibilità per quanto riguarda tempi e costi dei nuovi percorsi di valutazione della conformità dei prodotti.
Inutile sottolineare che si tratta di due tra le principali “voci” che vengono considerate nelle strategie di mercato delle aziende, pertanto non è accettabile poterne conoscere l’entità solo quando si è già in fase avanzata nel progetto di sviluppo di un prodotto (come nel caso dei costi, in quanto gli OONN prima di emettere un preventivo chiedono di analizzare varie informazioni sul prodotto, informazioni che inevitabilmente devono già essere state prodotte dalle aziende), o addirittura strada facendo (come nel caso dei tempi, vista la quasi totale mancanza di tempi definiti, da parte dei vari OONN, per le valutazioni, ri-valutazioni, liste di attesa, ecc).
Un’altra richiesta molto esplicita è quella di eliminare dai certificati CE la “scadenza” della validità, che oggi è al massimo di 5 anni, per evitare un passaggio che il più delle volte è ritenuto esclusivamente di tipo burocratico, perché non dettato da effettive modifiche al prodotto, pertanto comporta un poco utile carico di lavoro (e costi) aggiuntivo sia alle aziende che agli OONN.
Considerazioni finali
Esaminando tutte queste proposte, viene da fare una considerazione, partendo un po’ più da lontano, da quando, cioè, nel mese di settembre del 2012 fu proposta la prima bozza dei nuovi regolamenti DM e IVD.
Regolamenti, appunto. Non più Direttive, ma un tipo di testo da applicare tal quale in modo uniforme in tutti gli Stati Membri, con l’obiettivo del regolatore che era, tra gli altri, quello di armonizzare le norme per l’immissione sul mercato di questi prodotti e garantire degli standard comuni di qualità e sicurezza, esercitando, contemporaneamente, un rafforzato controllo centrale sia sugli OONN ma anche sulla sicurezza dei prodotti in circolazione sul territorio.
Dal lato delle Aziende, le proposte di oggi chiedono: l’istituzione di una autorità centrale per la governance dell’intero sistema regolatorio, la certezza di tempi, costi e modalità per le procedure di valutazione della conformità, la cancellazione della procedura di rinnovo dei certificati CE.
Se usciamo dal mondo dei dispositivi medici ed entriamo per un momento in quello del regolatorio farmaceutico, vediamo che questo ha sempre adottato un più tradizionale approccio autorizzativo “dall’alto”: in questo modo in UE abbiamo l’EMA, che coordina tutte le agenzie regolatorie nazionali ed è direttamente responsabile di alcune procedure autorizzative.
Sempre nel farmaceutico, le tariffe da corrispondere alle autorità per le procedure di autorizzazione o variazione sono generalmente stabilite tramite decreto nazionale, insieme alle tempistiche (che ovviamente possono poi dilatarsi in base ad eventuali sospensioni della procedura).
Infine, le autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali sono soggette all’obbligo di rinnovo una sola volta, 5 anni dopo il rilascio della prima autorizzazione, dopodiché la sua validità risulta illimitata (ovviamente finché si rispettano determinate condizioni).
Viene da chiedersi: non sarà che, nello slancio di rivoluzionare il sistema regolatorio medicale, stiamo tutti (regolatore e stakeholders vari) desiderando, senza dircelo, il tramonto del Nuovo Approccio?
Scritto il 24/10/2024 da Silvia Petroni