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Tamponi e test sierologici, come accelerare la diagnosi di COVID-19

La capacità di testare il numero più alto possibile di persone sta diventando un elemento fondamentale per circoscrivere il contagio e debellare il virus COVID-19. Il numero di tamponi eseguiti giornalmente sta aumentando ovunque nel mondo, ma la carenza di laboratori in grado di processare i test, insieme ai costi proibitivi della loro esecuzione, hanno determinato un iniziale ritardo, parzialmente responsabile della diffusione della pandemia.

Il test attualmente utilizzato per la diagnosi dell’infezione da COVID-19 è l’ormai famoso tampone: un bastoncino simile ad un lungo cotton fioc viene strofinato sulla mucosa della bocca o del naso (faringe posteriore o superiore) e poi sottoposto a test molecolari tramite PCR in tempo reale in grado di confermare la presenza del virus.

Il test con tampone è per il momento il metodo più attendibile: permette, tra le altre cose, di individuare i soggetti asintomatici difficili da riconoscere ma in grado di trasmettere il virus e di considerare eventuali mutazioni del virus sottoposto a test per evitare falsi negativi.

Si tratta tuttavia di una metodica che richiede attrezzature e materiali specifici, e che può dunque essere attuata solo da laboratori di virologia specializzati. Per questo, da qualche settimana, è partita la caccia ai “test rapidi”, ovvero procedure diagnostiche dal risultato immediato e dal costo contenuto, in grado quantomeno di escludere gli immunizzati e i non infetti dal quadro di gestione della pandemia.

Da qualche giorno si parla quindi di test sierologici e di tamponi rapidi, con interventi di esperti e di autorità sanitarie sul tema della loro sicurezza ed affidabilità. Il test sierologico viene eseguito sul sangue e dimostra la presenza di alcuni anticorpi che si formano dopo il contagio nel siero del paziente testato. Se il test rileva questi anticorpi, allora il sistema immunitario del paziente è stato a contatto con il virus.

Questi test possono essere eseguiti con un prelievo di sangue o addirittura con il pungidito, come nei test rapidi per la glicemia, ma presentano ancora qualche lato oscuro. Non sono infatti in grado di dire quando la persona sia stata infettata: secondo i dati a disposizione, gli anticorpi al coronavirus si formerebbero dopo almeno 8 giorni dopo la manifestazione dei sintomi e un test precoce potrebbe risultare negativo.

Inoltre, non tutti i test sierologici sono in grado di rilevare la quantità di anticorpi prodotti dal sistema immunitario. I test sierologici “rapidi” ne rilevano semplicemente la presenza. Solo i test sierologici quantitativi, che cercano la presenza di anticorpi IgG, quelli cioè che si formano per ultimi, possono confermare che l’infezione è avvenuta da tempo e che il paziente potrebbe essersi immunizzato. Per questi ultimi una goccia di sangue non basta, serve un prelievo.

Mentre si discute ancora sulla loro affidabilità, il Ministero della Salute ha invece dato il via libera ai test molecolari rapidi (CE-Ivd e/o Eua/Fda, detti anche Point of Care tests, Poct), in grado di rilevare i geni virali direttamente nelle secrezioni delle mucose delle vie respiratorie. Sono anch’essi molto lunghi – possono essere processati solo pochi campioni alla volta – ma sono un supporto utile per le infezioni che debbono essere diagnosticate con urgenza.

La circolare emanata dal Ministero include, tra l’altro, anche un elenco dei kit diagnostici e delle aziende certificate che li producono e distribuiscono. L’elenco, stilato dal gruppo di lavoro diagnostici in vitro del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero, ci ricorda infatti che in quanto dispositivi medici diagnostici in vitro, i kit per l’esecuzione di questi test devono essere autorizzati dalle autorità competenti.

La registrazione dei test sierologici e dei tamponi rapidi dovrà quindi avvenire secondo quanto disciplinato dalla Direttiva 98/79/CE attualmente in vigore, tenendo conto delle priorità individuate dalla circolare stessa. Il supporto di aziende di consulenza specializzate nella registrazione di dispositivi medici e dispositivi medici diagnostici in vitro può contribuire ad immettere questi prodotti rapidamente sul mercato.

Scritto da: Maria Pia Felici

Foto di Ada K da Pixabay